Il dispositivo che misura il gradimento di un’opera d’arte: ecco ShareArt

Il dispositivo che misura il gradimento di un’opera d’arte: ecco ShareArt

ShareArt è un dispositivo capace di misurare il gradimento di un’opera d’arte, il genere, l’età e lo stato d’animo dell’osservatore.

Il progetto italiano ShareArt raccoglierà dati sul “valore di attrazione” di particolari opere d’arte e applicherà le linee guida COVID-19 attraverso una combinazione di intelligenza artificiale, applicazioni di big data e telecamere puntate sugli ospiti. Il progetto è stato installato e presentato in anteprima all’inizio del mese di luglio 2021, proprio quando i musei d’arte italiani hanno riaperto, presso l’Istituzione Bologna Musei, dove attualmente risiedono quattordici dispositivi ShareArt. Ecco come funziona questo dispositivo che punta a misurare il gradimento di un’opera d’arte.

ShareArt, come funziona

La realtà aumentata ha portato l’arte nei grandi spazi aperti, ma ora si fa un passo in avanti ancora più grande: è stato presentato, infatti, ShareArt, un nuovo dispositivo di intelligenza artificiale utilizzato nei musei italiani che punta a misurare l’attrattiva dei dipinti. Come? Le telecamere sono posizionate in prossimità delle opere d’arte per raccogliere dati sulla quantità di osservatori e sul loro comportamento, secondo quanto afferma l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA).

Il sistema avanzato di ShareArt può valutare un’opera d’arte sulla base di diversi indicatori ottenuti da filmati registrati. Questi includono la durata dell’osservazione e, persino, la direzione dello sguardo di uno spettatore. Stefano Ferriani, Giuseppe Marghella, Simonetta Pagnutti e Riccardo Scipinotti – specialisti che hanno elaborato questo particolare sistema – sostengono che ShareArt è capace di rilevare il genere, la classe di età e, addirittura, lo stato d’animo dei visitatori che osservano una determinata opera.

Visita al museo

Poiché il programma è in grado di rilevare la distanza, monitorerà anche la distanza tra gli ospiti e, se due persone sono troppo vicine per le normative COVID: così elaborerà un promemoria. Terrà sotto controllo anche l’uso diligente della mascherina, cosa che, forse con dispiacere dei ricercatori, impedirà al sistema di valutare le espressioni facciali degli ospiti, quantomeno per il momento. Secondo un comunicato diffuso dall’ENEA, i dispositivi di acquisizione dati utilizzati nel progetto ShareArt sarebbero a disposizione dei consumatori base. Forse questa accessibilità porterà a un’adozione diffusa di programmi simili in spazi artistici nuovi o in crescita che potrebbero beneficiare in particolare di tale intuizione curatoriale.

Dubbi sulla privacy del dispositivo ShareArt di ENEA

Sebbene il pubblico sembri interessato al progetto e al concetto che è alla sua base, ci sono molte preoccupazioni e dubbi sulla privacy. Le domande riguardanti la capacità della tecnologia di determinare veramente l’attrattiva di un’opera d’arte, invece, sembrano più facili da affrontare. E questo è, in gran parte, dovuto al fatto che Project ShareArt non mira a trovare una risposta giusta. Non esiste un’unica chiave che rivelerà i segreti di un’opera d’arte potenzialmente attraente. Piuttosto, i ricercatori cercano di scoprire ed esaminare tendenze e modelli importanti.

Ad esempio, secondo un’intervista di Bloomberg City Lab che è stata fatta ai ricercatori dietro il progetto, poche opere d’arte “trattengono i visitatori in musei o gallerie sul posto per più di 15 secondi“. La media è apparentemente più vicina ai 4-5 secondi. Il presidente di Bologna Musei, Roberto Grandi, ha riferito che gli spettatori di un dittico trecentesco di Vitale degli Equi si sono concentrati maggiormente sul pannello laterale destro più occupato dell’opera.

Come spiega ENEA e riportato da Forbes, “Siamo solo all’inizio di un percorso affascinante anche perché i dati che i musei possono raccogliere senza disturbare minimamente i visitatori costituiscono un capitale di informazioni molto prezioso per gli operatori museali, che attraverso l’analisi di dati concreti possono capire quali sono i punti di forza e le criticità di una mostra o di un allestimento”. Lo strumento ShareArt, dunque, si propone come ultimo esempio della fusione tra arte e tecnologia.