In Sicilia un rifugiato del Gambia ha aperto una sartoria sociale

In Sicilia un rifugiato del Gambia ha aperto una sartoria sociale

Si chiama Faburama Ceesay, è sposato e vive a Barcellona Pozzo di Gotto, dove gestisce la “boutique solidale” Kanö: “Voglio restituire un briciolo del mio ringraziamento”.

In Sicilia c’è una sartoria sociale aperta da un rifugiato del Gambia. Una storia di caparbietà, solidarietà e voglia di essere utile al territorio d’accoglienza che arriva da Barcellona Pozzo di Gotto e parte da lontano, dall’Africa occidentale. Il protagonista si chiama Faburama Ceesay, è un ragazzo con il sogno di fare il calciatore che ha deciso di fuggire da dittatura e povertà per rifarsi una vita in Italia.

La sartoria sociale di un rifugiato del Gambia

Il Gambia, nonostante le politiche del presidente Adama Barrow, resta un Paese poverissimo che fatica ancora a cancellare l’eredità del governo autoritario e violento dell’ex premier Yahya Jammeh. Faburama Ceesay si mette in viaggio per lasciarsi alle spalle la guerra e la miseria, attraversa prima il deserto e poi il Mediterraneo a bordo di un barcone, infine riesce a raggiungere le coste della Sicilia e a stabilirsi in provincia di Messina.

A Barcellona Pozzo di Gotto conosce una ragazza del posto, Marika, che diventa sua moglie. I due decidono così di aprire la sartoria sociale Kanö perché Faburama è uno stilista, specializzato in cucito creativo e nel riuso. La loro è una piccola boutique che realizza abiti, oggetti, accessori, giochi e bomboniere con tessuti naturali, che rispetta l’ambiente e le tradizioni e soprattutto coinvolge come lavoratrici e lavoratori persone di fasce sociali a rischio di emarginazione. Ben presto Kanö, connessa con un asilo nido e ad un laboratorio di riciclo creativo per bambini e bambine, si trasforma in un punto di incontro per tutta la comunità e realizza progetti come il Kanö Gambia Creative Tailoring.

La bellezza della moda passa per la diversità da Kanö

Kanö fa parte delle attività presentate a Termoli in occasione della costituzione della rete nazionale delle sartorie sociali, nata da un’idea dell’Arci di Guglionesi, del Parco Letterario e del Paesaggio Jovine e dall’associazione Artemusa per offrire una visione diversa dell’economia di impresa e formare un network di professionalità solidali. Al centro del progetto ci sono infatti tutti quei laboratori e quelle aziende tessili che producono vestiti originali partendo dal riciclo e dai tessuti naturali e rispettando i diritti di lavoratrici e lavoratori.

All’iniziativa partecipano la fondazione Città Nuova, il Gruppo Abele e Confcooperative Molise con il partenariato di centinaia di realtà locali sparse su tutto il territorio nazionale. Ormai si contano numerose esperienze di sartoria sociale in Italia, anche in zone vulnerabili come Scampia e Castel Volturno. Mettere insieme questi progetti vuol dire costruire una realtà produttiva che può creare preziose opportunità lavorative.

Kano, la sartoria sociale di Faburama Ceesay

I tessuti li prendo in Africa, ma mi occupo anche di riciclo di jeans e tessuti italiani – spiega Ceesay all’Ansa –. A nove anni ero già appassionato di questo lavoro e ho imparato a cucire. Nel 2014 sono arrivato in Sicilia, ho superato il viaggio nel Mediterraneo sui barconi, un viaggio che non auguro a nessuno. Grazie a Dio è andato tutto bene. Oggi mi sento italiano. Sono sposato con un’italiana e ho due bambini. Con la mia sartoria sociale cerco di dare ai ragazzi del Gambia delle opportunità che non ho avuto io”.

Faburama spera di tornare in patria con la sua famiglia per aiutare i suoi connazionali a non scappare. “L’obiettivo principale è creare una scuola di sartoria in Gambia – aggiunge la moglie Marika – per dare la possibilità ai giovani di lavorare nel loro Paese evitando l’immigrazione e la strada del Mediterraneo che è molto pericolosa. Nel nostro territorio il progetto è di collaborare sempre di più con le realtà locali, con disabili, case circondariali ed extracomunitari che arrivano nel nostro negozio per apprendere l’arte sartoriale”.