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Un gruppo di ricercatori italiani ha scoperto il gene che causa l’Alzheimer in età senile

Un medico controlla una risonanza al cervello

L’ospedale Molinette di Torino ha coordinato lo studio pubblicato sulla rivista scientifica internazionale “Alzheimer’s Research & Therapy”.

Un gruppo di ricercatori italiani è protagonista di una scoperta destinata a rivoluzionare le cure per la forma di demenza più diffusa al mondo: il gene che causa l’Alzheimer nella terza età. Il risultato è frutto della cooperazione tra diversi team, impegnati da anni nello studio delle cause genetiche della malattia, coordinati dall’ospedale Molinette di Torino. Lo studio si chiama Exome sequencing reveals a rare damaging variant in GRIN2C in familial late-onset Alzheimer’s disease ed è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Alzheimer’s Research & Therapy.

Da ricercatori italiani gene Alzheimer in terza età

La scoperta suggerisce il ruolo di rare mutazioni genetiche come causa della malattia in età senile. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Elisa Rubino, hanno studiato per diversi anni una famiglia italiana con Alzheimer ad esordio senile. Dai loro esami, grazie all’utilizzo di avanzate tecniche di genetica molecolare, è venuto fuori che la demenza era causata da mutazioni nel gene GRIN2C che codifica per una subunità del recettore NMDA del glutammato.

Lo studio ha inoltre dimostrato gli effetti che questa mutazione provoca in modelli cellulari, incrementando l’eccitabilità neuronale ed alterando il legame di questa proteina con altre proteine neuronali. Fino ad oggi erano note quali cause della malattia, soprattutto prima dei 65 anni, le mutazioni nei geni PSEN1, PSEN2 e APP.

Un medico controlla una risonanza al cervello
Come si è arrivati a questa scoperta fondamentale sull’Alzheimer

Gli scienziati sostengono che prima dello sviluppo del deficit cognitivo, i pazienti portatori di questa mutazione sviluppano per anni un disturbo dell’umore di tipo depressivo. Lo studio necessiterà quindi lo sviluppo di nuovi farmaci in grado di ridurre l’eccitotossicità cerebrale da glutammato per rallentare la progressione dell’Alzheimer.

La ricerca dimostra che la malattia – la causa di demenza più diffusa con 55 milioni di casi registrati nel mondo – è il risultato di un’interazione complessa tra fattori genetici ed elementi ambientali quali l’ipertensione, l’obesità, il diabete, l’isolamento sociale e la depressione. Queste componenti favoriscono la deposizione nel cervello di due proteine tossiche, la beta amiloide e la proteina tau, responsabili della neurodegenerazione.

Alzheimer, gene GRIN2C al centro della ricerca

 “L’aspetto più significativo della ricerca – spiega Innocenzo Rainero, direttore del Centro Alzheimer e demenze correlate delle Molinette – è la conferma del ruolo che i meccanismi di eccitotossicità correlata al glutammato possono avere nello sviluppo della malattia. Quando il glutammato interagisce con il recettore NMDAR sui neuroni, si apre un canale che promuove l’ingresso di ioni calcio. Se questa stimolazione è eccessiva, si provoca un’intensa eccitazione del neurone che porta alla morte cellulare”.

Quest’importante scoperta che potrà dare una svolta nelle terapie dell’Alzheimer durante un periodo della vita particolarmente delicato, è frutto di un lavoro tutto italiano. La ricerca si è infatti avvalsa della collaborazione tra il team dell’ospedale Molinette di Torino, Elisa Giorgio del Dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Pavia, Alfredo Brusco del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino e Fabrizio Gardoni del Dipartimento di Farmacologia e Scienze biomolecolari dell’Università di Milano.

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ultimo aggiornamento: 23 Gennaio 2025 12:08

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