Un tour verde da Nord a Sud per scoprire i migliori ristoranti italiani di cucina sostenibile, ovvero quella circolare, senza sprechi e a metro zero.
Da qualche tempo si parla con insistenza di cucina sostenibile, ovvero di una maggiore consapevolezza ai fornelli per ridurre gli sprechi e valorizzare al massimo i prodotti tipici. Attenzione all’ambiente, rispetto della salute, lavorazione di materie prime a chilometro zero, nessuno sperpero, risparmio energetico e delle risorse: la cucina sostenibile è questo e tanto altro. Ma quali sono i migliori ristoranti in Italia per assaporare una vera cucina sostenibile?
I migliori 4 ristoranti italiani di cucina sostenibile
Il magazine Forbes ha stilato una personale classifica, da Nord a Sud, dei migliori 4 ristoranti italiani che offrono un modo inedito e realmente verde di pensare e vivere la ristorazione, senza per questo perdere in gusto e qualità.
SanBrite di Cortina: chef Riccardo Gaspari
La perla delle Dolomiti ha sempre rappresentato nell’immaginario collettivo la vacanza invernale più ambita. Dal 2004, quando Riccardo Gaspari e la moglie manager Ludovica Rubbini hanno trasformato la fattoria di famiglia in un agroristorante di cucina rigenerativa, Cortina d’Ampezzo è anche rispetto dell’ambiente e delle tradizioni. Il giovane cuoco discende da una dinastia di allevatori e casari e la sua cucina è quella antica delle montagne: poca carne, tante verdura, fiori, radici, sedano rapa che si trova solo nei boschi della zona. Il piatto forte della casa sono gli spaghetti con olio al pino mugo. Tutti gli ingredienti arrivano dall’orto e dai loro animali, che nutrono con quello che scartano. “Il segreto dei miei piatti è che nascono prima gli ingredienti e poi il piatto stesso”, confessa Gaspari. La circolarità è l’arma vincente del SanBrite, diventato una malga stellata con tanto di Green Star della Michelin.
La Madernassa di Cuneo: chef Giuseppe D’Errico
La Madernassa non è soltanto un ristorante premiato con 2 stelle Michelin e inserito dalla We’re Smart Green Guide in 30° posizione nella lista dei 100 migliori ristoranti vegetariani al mondo. Dentro quest’eccellenza culinaria di Guarene, nel cuore del Roero con vista sulle Langhe, c’è anche un orto didattico e un resort di charme. I manager Ivan Delpiano, Fabrizio e Luciana Ventura hanno affidato la cucina allo chef Giuseppe D’Errico, che ha subito abbracciato la “rivoluzione 100% green” della Madernassa. La ricerca naturale del cuoco punta su prodotti a metro zero che arrivano da orto, frutteto e giardino della struttura e dai boschi circostanti. Inoltre il carbone per la brace deriva dal bambù che abbatte il fenomeno della deforestazione e le cui ceneri possono essere usate per la concimazione. Vigna, serra e bosco autoctono, fornitori e acqua locali, energia da fonti rinnovabili, contenimento della temperatura, riduzione della plastica e raccolta differenziata: il ristorante è sostenibile pure nel resto dei suoi spazi, dalle sale interne a camere e piscina.
Joia di Milano: chef Pietro Leemann
Joia è il ristorante vegetariano gourmet per eccellenza. Nato nel 1989 a Milano in via Panfilo Castaldi, dal 1996 è il primo ristorante vegetariano europeo a ricevere la stella Michelin e ad oggi l’unico stellato vegetariano in Italia. In cucina c’è Pietro Leemann, che propone personalissimi piatti creativi basati sulle micro stagionalità. Il cuoco svizzero rielabora nel suo menù i modelli alimentari dell’Ayurveda, della dietetica cinese e dell’antroposofia di Rudolf Steiner: la filosofia è né carne né pesce, ma haute cuisine fatta con ortaggi, cereali, legumi, spezie e fiori per unire gli ingredienti della cucina mediterranea alle culture del mondo. Forbes lo definisce “il guru del cibo consapevole”. Non a caso Joia si è guadagnato nel 2020 la stella verde della Michelin per la sostenibilità e nel 2021 la We’re Smart Green Guide l’ha piazzato al 12° posto nella Top 100 dei migliori ristoranti vegetariani del pianeta.
Dattilo di Strongoli: chef Caterina Ceraudo
Tra i quattro campioni di cucina sostenibile è l’unico al Sud e guidato da una donna. È il Dattilo di Strongoli, in provincia di Crotone. Aperto nel 2003 in un vecchio frantoio all’interno di un casolare del Seicento circondato da vigneti, uliveti e agrumeti, è un ristorante di famiglia che espande l’azienda agricola di Roberto, il papà della chef Caterina Ceraudo. Laureata in enologia a Pisa e allieva di Niko Romito alla Scuola di Alta Formazione di Castel di Sangro, la cuoca offre una cucina buona e senza sprechi, caratterizzata da verdura, carne e pesce locali. I suoi cavalli di battaglia sono il raviolo di ricotta, latte e ginepro e l’uovo, cicoria e sardella, il “caviale calabrese” di bianchetti, peperoncino, sale e aromi, fatto riposare in conserva per un anno. “L’insegnamento più importante che porterò sempre è il rispetto del cibo e della sua provenienza naturale, dalla nascita e crescita di ogni ingrediente fino alla sua trasformazione nel piatto”, ammette Ceraudo. Doti che hanno fatto guadagnare a Dattilo una stella Michelin e la Green Star per due anni consecutivi.
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ultimo aggiornamento: 19 Maggio 2022 8:54