In cosa consiste il fenomeno del greenwashing, come individuarlo e cosa fare per fermarlo e proteggere l’ambiente che ci circonda.
Nelle nostre società basate sull’iperconsumo, è consigliabile avere qualche dubbio nel momento in cui un’azienda ci comunica di star facendo tutto il possibile per salvaguardare la Terra. Lo scetticismo è sano, in questo caso: se le aziende investono più tempo e denaro per commercializzare i loro prodotti o il loro marchio come “green” piuttosto che darsi da fare per garantire la sostenibilità degli stessi, allora, in tal caso, c ritroveremo di fronte al cosiddetto fenomeno del greenwashing.
Che cos’è il greenwashing
Sebbene un po’ di greenwashing non sia intenzionale e derivi da una mancanza di conoscenza di cosa sia veramente la sostenibilità, spesso viene effettuato intenzionalmente attraverso azioni di marketing e pubblicità.
Tale pratica non solo è fuorviante, ma non aiuta nemmeno a promuovere iniziative di design sostenibile o di economia circolare. Pertanto, i problemi ambientali rimangono gli stessi o peggiorano, poiché il greenwashing spesso indirizza erroneamente i consumatori – ben intenzionati – sulla strada sbagliata.
Ci sono tanti esempi di greenwashing: fra questi, quello di Coca Cola, che ha utilizzato parole come “zucchero naturale”, nelle proprie strategie di marketing, consumatori più attenti alla salute.
Nel 2007, Terra Choice Marketing ha presentato Six Sins of Greenwashing che classifica i molti modi in cui le aziende partecipano al greenwashing, dalla menzogna fino al fare affermazioni senza prove scientifiche.
Finta sostenibilità: il caso delle plastiche monouso
Uno degli esempi più pervasivi di greenwashing è nel mondo della plastica monouso, uno dei materiali che ha contribuito maggiormente al disastro ambientale che ci ritroviamo ad affrontare negli ultimi anni. La gran parte di questo materiale, ossia il 91%, infatti, non viene riciclata.
Questo problema allarmante non si risolve esclusivamente con il riciclo: anche il marketing intorno a questi prodotti va cambiato e concepito in maniera più consapevole. E, qui, nasce la questione delle bioplastiche, che vengono proposte come soluzioni sostenibili.
Le bioplastiche sono plastiche realizzate con polimeri a base biologica progettati per funzionare come le normali plastiche petrolchimiche. In quasi tutti i casi, hanno bisogno di specifiche condizioni per scomporsi (ossigeno e luce solare che non sono presenti in una discarica o nell’oceano, per esempio ). Oltre ai problemi di gestione del fine vita, richiedono anche una certa quantità di prodotti petrolchimici nella loro fase di produzione.
Inoltre, poiché i sacchetti di plastica richiedono molta energia e altre risorse per essere prodotti, una plastica “più amichevole” non è affatto utile quando si parla di rispettare l’ambiente, come invece lo sarebbe – ad esempio – un sacchetto compostabile.
Come fermare tale fenomeno
Quello che possiamo fare, da consumatori, è fare pressione sulle aziende affinché creino soluzioni progettuali realmente praticabili, sostenibili e circolari modificando le nostre abitudini e comportamenti per supportare le opzioni più sostenibili.
Il tutto può essere svolto attraverso una progettazione consapevole, una mentalità sistemica e servizi che riconfigurano il modo in cui soddisfiamo i nostri bisogni umani senza danneggiare la Terra con azioni poco pensate e sconsiderate o con campagne di marketing che di green hanno poco ho nulla.
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ultimo aggiornamento: 28 Ottobre 2022 11:26