Le alterazioni polmonari residue post-COVID: un fenomeno comune che richiede attenzione, ma con evoluzioni generalmente favorevoli nel tempo.
Lo studio pubblicato su Radiology fornisce nuove prospettive sulle alterazioni polmonari residue nei pazienti che hanno contratto il COVID-19. Nonostante la presenza di sintomi respiratori persistenti e alterazioni evidenti alla tomografia computerizzata (TC), la ricerca indica che queste anomalie tendono a stabilizzarsi o regredire nel tempo.
Coordinato dalla professoressa Anna Rita Larici, il consenso multisocietario propone nuove linee guida per una gestione ottimale delle immagini TC, sottolineando l’importanza di una diagnosi corretta. Con l’obiettivo di evitare equivoci clinici, le alterazioni post-COVID necessitano di un’attenta valutazione per distinguersi da altre patologie polmonari potenzialmente più gravi.
Le alterazioni polmonari post-COVID: dati e osservazioni dallo studio
Durante la pandemia, molti pazienti hanno sviluppato alterazioni polmonari visibili alla TC, come aree di vetro smerigliato, fibrosi lieve e ispessimenti pleurici. Queste manifestazioni riguardano fino al 50% dei pazienti che hanno richiesto il ricovero. Sebbene possano associarsi a sintomi respiratori persistenti, lo studio pubblicato su Radiology evidenzia che queste anomalie tendono a stabilizzarsi o a regredire, indicando una natura non progressiva post-infettiva. Tale ricerca è stata condotta con il contributo di 21 radiologi toracici da società internazionali di imaging, sottolineando l’importanza di un consenso scientifico nella gestione delle conseguenze polmonari del COVID-19.

Linee guida per una corretta gestione delle immagini TC
Il consenso propone nuove indicazioni diagnostiche, raccomandando l’esecuzione della TC torace solo se i sintomi respiratori persistono oltre i tre mesi dall’infezione. L’uso di apparecchiature a basso dosaggio è fortemente incoraggiato per minimizzare i rischi. È cruciale differenziare le alterazioni persistenti da COVID-19, come il vetro smerigliato, da eventuali alterazioni fibrotiche, e monitorare l’evoluzione temporale di questi reperti. La professoressa Larici sottolinea l’importanza di distinguere tra alterazioni polmonari residue post-COVID-19 e anomalie polmonari interstiziali, poiché le implicazioni cliniche possono variare significativamente.
L’importanza di una terminologia tecnica precisa
Una delle raccomandazioni principali riguarda l’uso di un glossario tecnico standardizzato per evitare espressioni inappropriate come “fibrosi polmonare”. Chiamare correttamente le alterazioni è fondamentale per indirizzare il paziente verso un percorso di follow-up adeguato. L’interpretazione errata delle alterazioni post-COVID-19 come manifestazioni precoci di malattie polmonari interstiziali potrebbe portare a conseguenze cliniche sfavorevoli. La professoressa Larici conclude che una percentuale minima di pazienti sviluppa fibrosi permanente post-COVID-19, e sebbene le stime definitive manchino, si ritiene che tali casi siano estremamente rari.
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ultimo aggiornamento: 24 Luglio 2025 8:42