L’Europa valuta la desalinizzazione come metodo per tenere sotto controllo la siccità e la carenza idrica.
Nel mese di marzo 2023, l’Osservatorio globale della siccità (GDO) della Commissione europea ha pubblicato un rapporto sulla situazione della siccità in Europa. Il rapporto ha analizzato le recenti ondate di calore e ha evidenziato il graduale aumento della scarsità d’acqua, in particolare nei Paesi situati nell’Europa sud-occidentale.
Di conseguenza, questi Paesi stanno valutando opzioni per recuperare l’acqua, compresi i processi di desalinizzazione. L’Italia, ad esempio, potrebbe trarre vantaggio dal recupero dell’acqua dal mare, risolvendo, in tal senso, il problema della scarsità d’acqua e, nel contempo, proteggere gli ecosistemi fluviali dagli effetti dannosi del cuneo salino.
Desalinizzazione per contrastare la siccità
Sebbene l’uso dei dissalatori sia aumentato, sono emersi alcuni potenziali problemi associati al processo di dissalazione.
Tuttavia, nel complesso, la desalinizzazione offre più vantaggi che svantaggi. Il processo di desalinizzazione si basa sull’osmosi inversa, che prevede il filtraggio dell’acqua attraverso membrane che rimuovono i sali e altre impurità.
La maggior parte degli impianti di desalinizzazione attivi si trova in Medio Oriente: l’Arabia Saudita, ad esempio, si affida alla desalinizzazione per il 50% dell’acqua potabile e Israele – che ha uno dei più grandi impianti di desalinizzazione a Sorek – è capace di produrre 627.000 metri cubi di acqua desalinizzata al giorno.
Israele ha investito molto nel processo di desalinizzazione e attualmente produce il 20% di acqua in più rispetto al suo fabbisogno.
Le criticità emerse da questo metodo
La distribuzione disomogenea degli impianti di desalinizzazione è legata a diverse problematiche: in primo luogo, all’elevato consumo di combustibili fossili necessario per il loro funzionamento.
Il processo di desalinizzazione è ad alta intensità energetica, ma si cercano strade per migliorare la sostenibilità del settore, introducendo membrane più efficienti e impianti a energia solare.
Le regioni più aride della Terra coincidono con quelle più soleggiate, le quali offrono l’opportunità di integrare la desalinizzazione con sistemi di energia rinnovabile. Attualmente, è possibile implementare tecnologie di desalinizzazione autonome a energia solare che non si basano su batterie.
I processi di desalinizzazione devono affrontare una sfida cruciale per quanto riguarda lo smaltimento degli scarti di produzione.
Lo scarico della salamoia nell’oceano – al termine del processo – può danneggiare gli ecosistemi marini o creare aree biologicamente carenti di acqua calda. Tuttavia, tali innovazioni potrebbero contribuire a ridurre i costi del processo.
I ricercatori stanno esplorando la possibilità di estrarre minerali dalla salamoia. Il superamento della barriera economica, causata dagli alti costi energetici di produzione o dalle tecnologie sperimentali, sta diventando più fattibile grazie alla crescente popolarità della desalinizzazione. Nel 2020, il costo della desalinizzazione è sceso rispetto agli anni precedenti a circa 1,5 dollari per metro cubo.
La situazione della carenza d’acqua in Italia
L’Italia sta affrontando una grave carenza idrica con una quantità d’acqua nelle Alpi inferiore alla media, secondo il rapporto GDO. Questa carenza non avrà solo un impatto sul flusso dei fiumi, ma anche sull’agricoltura e sulla produzione di energia, soprattutto nella regione settentrionale del Paese.
Poiché la desalinizzazione è una soluzione pratica per affrontare la crisi legata alla scarsità d’acqua, alcune regioni italiane stanno valutando la possibilità di installare impianti di desalinizzazione.
Il problema principale – affrontato nel 2022 – è stato il rigonfiamento del mare lungo il Delta del Po, che ha portato alla perdita di fertilità del suolo e a danni alle infrastrutture agricole e alle colture ittiche.
La regione Veneto ha utilizzato con successo un dissalatore proveniente dalla Spagna per prevenire ulteriori danni causati dall’innalzamento del livello del mare, producendo – al contempo – acqua potabile per le zone colpite.
Nel frattempo, a Taranto è in corso la costruzione del più grande dissalatore d’Italia. Utilizzerà le acque meno salate del fiume Tara e dovrebbe essere operativo entro il 2026, con un costo di circa 100 milioni di euro.
Questa scelta comporterà un minor consumo energetico, consentendo all’impianto di combattere la siccità e di fornire alla regione una propria fonte di acqua potabile, riducendo la dipendenza dall’acqua importata che, attualmente, costituisce il 90% del suo approvvigionamento.
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ultimo aggiornamento: 17 Aprile 2023 12:26