Dopo anni di numeri contrari i dati attuali parlano chiaro: i medici donne in Italia sono maggiori degli uomini. Come va nel resto d’Europa?
E’ la prima volta che in Italia ci sono più medici donne che uomini e il percorso per arrivare fin qui non è stato semplice. Tutto parte da giugno 2020, quando il Comitato europeo dei diritti sociali (Ceds) del Consiglio d’Europa ha iniziato a lavorare dopo un reclamo presentato dall’ONG University Women of Europe. E si arriva ad oggi dove la disparità lavorativa tra maschi e femmine sembra aver fatto grossi passi in avanti. Ma c’è anche un’altra notizia positiva da segnalare: tra le prime cento scienziate del mondo sette sono italiane.
Il cambiamento dal 2020 al 2022
Nel 2020 il Ceds aveva chiesto di analizzare la parità lavorativa tra maschi e femmine in 15 Paesi europei: Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovenia e Svezia. Il risultato era stato piuttosto negativo poiché solo in Svezia non erano state riscontrate disparità.
Per quanto riguarda l’Italia i risultati furono disastrosi, soprattutto per quanto riguarda la mancata pari retribuzione. A distanza di due anni arrivano però due notizie molto confortevoli. La prima è che il numero delle donne medico ha superato quello degli uomini per la prima volta. La seconda è che tra le prime cento scienziate del mondo sette sono italiane.
Medici donne in Italia: i dati
Nel 2020 ben 32 studi avevano analizzato il livello di stress tra il personale sanitario reduce da anni infernali. 7 su 10 mostravano sintomi di burnout e molti avevano addirittura mollato. Il dato interessante, però, arriva nel 2021 con una ricerca del Ministero della Salute: il 49,9% dei medici che avevano resistito erano donne. Scendendo più nel dettaglio: il totale dei professionisti sanitari era di 107.379 e la differenza tra maschi e femmine era di 121 persone.
Da quel momento le nuove assunzioni sono state a prevalenza femminile e la crescita annua del personale medico è del 2% dunque ad oggi è chiaro che il 50% sia stato superato. A tal proposito ricordiamo che la nascita del Servizio Sanitario Nazionale, avvenuta nel 1978, è avvenuta per mano di una donna: Tina Anselmi.
I campi a prevalenza femminile e maschile
Analizzando ulteriori dati di oggi, però, non emergono solo aspetti positivi. Ad esempio tra il personale dipendente gli uomini sono in maggioranza solo se si conta chi ha più di 55 anni. Da qui il risultato che i primari continuano ad essere in prevalenza maschi. Il settore medico, così come molti altri, dimostra che per le donne è ancora molto difficile raggiungere ruoli al vertice.
I direttori di unità operativa, altro esempio, sono l’83% del totale: si tratta ovviamente di un numero davvero sproporzionato. In tendenza positiva però va segnalato che ci sono campi in cui le donne sono in maggioranza come la neuropsichiatria infantile (79%), genetica medica (74%), oncologia (71%), ematologia (64%), ginecologia (61%), endocrinologia (60%), neurologia (59%), psichiatria (56%). Di contro vanno segnalati i campi in cui le donne sono in minoranza come urologia (15%), cardiochirurgia (18%), chirurgia generale (27%).
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ultimo aggiornamento: 01-01-2023