Questo tema torna di grande attualità alla luce delle novità normative e delle implicazioni pratiche per lavoratori e datori di lavoro, soprattutto in relazione alla gestione delle assenze ingiustificate prolungate e all’accesso alle tutele previdenziali.
La Legge n. 203 del 13 dicembre 2024, parte integrante del Collegato Lavoro 2025, ha introdotto una disciplina specifica per la risoluzione del rapporto di lavoro in caso di assenza ingiustificata protratta oltre i termini stabiliti dal contratto collettivo o, in assenza di clausole contrattuali, per un periodo superiore a 15 giorni. In questi casi, il datore di lavoro può segnalare la situazione all’Ispettorato nazionale del lavoro, senza che sia obbligato a farlo, poiché si tratta di una decisione discrezionale.
Questa segnalazione produce un effetto giuridico rilevante: il rapporto viene considerato risolto per volontà del lavoratore, secondo la figura delle cosiddette dimissioni per fatti concludenti. Non è più necessario alcun passaggio attraverso la procedura telematica ordinaria per le dimissioni, poiché la legge interpreta il comportamento concreto del lavoratore – la prolungata assenza senza giustificazione – come una rinuncia implicita al posto di lavoro.
Tuttavia, va sottolineato che questa presunzione può essere superata se il lavoratore dimostra che l’assenza è stata causata da eventi di forza maggiore o da ragioni imputabili al datore di lavoro, come impedimenti oggettivi alla comunicazione.
Il ruolo decisivo del datore di lavoro nel blocco della NASPI
L’INPS ha ribadito un punto cruciale: il blocco della NASPI non scatta automaticamente al verificarsi dell’assenza ingiustificata. Serve una manifestazione esplicita da parte del datore di lavoro che qualifichi tale assenza come dimissioni implicite. Se invece l’azienda decide di considerare l’assenza come una violazione disciplinare, può procedere con un normale licenziamento per giusta causa o per motivo soggettivo, nel rispetto delle garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori.
Solo quando il datore di lavoro comunica all’Ispettorato l’assenza come dimissioni per fatti concludenti, il rapporto si scioglie per volontà del lavoratore e viene meno il requisito della disoccupazione involontaria necessario per ottenere la NASPI. In questi casi, infatti, l’indennità di disoccupazione non viene riconosciuta.
Per facilitare la gestione amministrativa, nel sistema UniLav è stato introdotto il codice di cessazione “FC – dimissioni per fatti concludenti”. L’utilizzo di questo codice esclude automaticamente il diritto all’indennità di disoccupazione.
Nel caso in cui il datore di lavoro opti per un licenziamento disciplinare, invece, il rapporto si considera cessato per volontà datoriale e il lavoratore conserva il diritto alla NASPI, sempre che soddisfi gli altri requisiti previsti dalla normativa.

Un ulteriore chiarimento riguarda il rapporto con le dimissioni per giusta causa. L’INPS specifica che, se il lavoratore presenta dimissioni formali attraverso il canale telematico, indicando una giusta causa, la procedura delle dimissioni per fatti concludenti viene superata. In questo caso, prevale la volontà espressa formalmente e, qualora la giusta causa venga dimostrata secondo i criteri INPS, il lavoratore può accedere alla NASPI.
Questo quadro normativo, pertanto, assegna un ruolo centrale alla qualificazione corretta della cessazione del rapporto di lavoro e alle scelte operate dal datore di lavoro, che incidono direttamente sull’accesso alle tutele previdenziali.