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Reclutamento dei docenti universitari, arriva la riforma: cosa prevedono le nuove regole

Una docente universitaria durante una lezione

Approvato in Consiglio dei ministri il progetto di revisione delle modalità di accesso e valutazione: decideranno direttamente gli atenei.

È stata approvata in Consiglio dei ministri la riforma del reclutamento dei docenti universitari. Il governo Meloni propone di modernizzare il sistema, uniformandolo agli standard europei ed internazionali e superando i limiti della legge 240 del 2010, la cosiddetta legge Gelmini. “Senza stravolgere i processi che hanno reso il nostro sistema universitario un polo di eccellenza e di crescente attrazione, vogliamo migliorarne quegli elementi che, alla prova dei fatti, si sono dimostrati disfunzionali o non centrati sull’obiettivo”, ha dichiarato la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini.

Cambia il reclutamento dei docenti universitari

La riforma si basa su tre punti cardine. Il primo è l’abolizione dell’Abilitazione scientifica nazionale, introdotta 15 anni fa e sostituita da requisiti fissati dall’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione. Il secondo è l’armonizzazione delle procedure di reclutamento, con valutazioni basate su soglie quantitative come gli incarichi, il numero e la frequenza delle pubblicazioni, le partecipazioni a progetti. Il terzo è la discrezionalità delle commissioni locali, con prove orali e didattiche reintrodotte anche per chi già insegna.

I nuovi docenti saranno valutati ogni due anni e i risultati incideranno sui fondi destinati alle università: il principio è che chi assume i candidati migliori avrà un finanziamento più alto. Le verifiche avverranno tramite l’istituzione di una piattaforma informatica, gestita dal Ministero, che attiverà un sistema di semafori per partecipare ai concorsi: i candidati e le candidate potranno fare autodichiarazioni del possesso di requisiti minimi in termini di produttività e qualificazione scientifica.

Una lezione all'università
Una lezione all’università

La selezione sarà demandata ai singoli atenei. Le commissioni saranno a maggioranza di membri esterni. Uno solo sarà scelto dall’università che bandisce il posto: tutti gli altri verranno scelti tramite sorteggio tra i docenti disponibili a livello nazionale appartenenti al settore scientifico-disciplinare del bando.

Il sistema varrà anche per la scelta dei ricercatori a tempo determinato. Non a caso la riforma arriva insieme ad un emendamento al Ddl Pnrr per modificare il contratto di ricerca introdotto tre anni fa per garantire stabilità e continuità alla carriera dei ricercatori. L’emendamento ha ottenuto il plauso della conferenza dei rettori e dei Lincei e il primo voto favorevole in Commissione al Senato.

Università di serie A e università di serie B?

È una proposta che punta al merito, alla trasparenza del sistema – ha sottolineato la ministra Bernini –. Interveniamo con poche ma precise modifiche, puntuali e decisive, che riguardano tutti i più importanti momenti di selezione, valutazione e progressione nella carriera del nostro personale universitario, valorizzando autonomia e responsabilità degli atenei. L’obiettivo è preservare professionalità ed eccellenza”.

Durissima la replica della Federazione lavoratori della conoscenza della Cgil. Il sindacato di chi opera nei settori dell’educazione, dell’istruzione, della formazione e della ricerca definisce la riforma un Ddl-truffa. “L’attuale sistema viene stravolto, tornando sostanzialmente al passato”, si legge in una nota della Flc. “Questo è un Ddl-truffa che prova a solleticare la pancia profonda dell’accademia proponendo un sostanziale scambio: l’assenza di risorse, i tagli e la precarizzazione vengono compensati con una maggior discrezionalità nella scelta dei pochi fortunati vincitori dei concorso”, tuona il sindacato.

Nel nuovo inverno universitario, questo governo propone di tenere comunque molti precari (pagati male e con ancor meno tutele di oggi), ma tra questi si propone senza lacci e lacciuoli i pochi che potranno esser stabilizzati (e, ovviamente, tra i docenti di seconda fascia i pochi che potranno passare a prima fasce). In un sistema universitario in cui assumono sempre maggior spazio atenei profit e telematici, si ribadisce l’impianto competitivo dell’attuale autonomia universitario e si rafforzano gerarchie e verticalizzazioni dell’università di classe di qualche decennio fa”.

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ultimo aggiornamento: 26 Maggio 2025 16:11

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