Si è ufficialmente costituito il comitato per trasformare la Sardegna nella prima isola 100% bio e a filiera a metro zero.

Entro il 2030 la Sardegna diventerà la prima isola europea completamente naturale e biologica. È la promessa lanciata dall’associazione La base, il comitato che si è ufficialmente costituito a Ollolai, nel cuore della Barbagia nuorese, per trasformare la regione in un paradiso ecosostenibile e a metro zero. Il presidente, l’avvocato Efisio Arbau, ha coinvolto associazioni ambientaliste, culturali e di categoria, cooperative, professionisti, politici e cittadini in questo ambizioso progetto.

Sardegna, agricoltura bio punta all’autonomia

La Sardegna è al settimo posto in Italia per superficie biologica, pari a più di 120.000 ettari. Le aziende agricole e zootecniche del settore sono circa 2.000 e producono soprattutto foraggio e cereali, colture seminative, vite, olivi, ortaggi e frutta. La regione ha il 10,2% di superficie bio utilizzata: una cifra superiore alla media europea della SAU (la Superficie Agricola Utilizzata) che in Europa è dell’8%.

Già esiste da un anno il Distretto Sardegna Bio, il più grande distretto biologico d’Italia che riunisce i produttori per fare sistema e catalizzare i finanziamenti. Il prossimo obiettivo, quello promosso da La base, sarà avere tutte le filiere sul territorio: 100% certificate e sarde. A partire dall’approvvigionamento alimentare, anche per gli animali. Non a caso la Sardegna è la prima regione nel Mediterraneo in cui si pratica l’allevamento degli ovini al pascolo. Sarà inevitabile mettere a punto misure mirate: supporto pubblico, divieto di vendita di agenti chimici, sanzioni per le inadempienze, abbattimento del costo della certificazione biologica da parte delle agenzie accreditate.

I pascoli naturali della Sardegna
I pascoli naturali della Sardegna

Consapevolezza del cibo sano, genuino e garantito e rispetto dell’ambiente: sono gli elementi su cui punta il presidente Efisio Arbau per il lancio della Sardegna 100% verde e autonoma. “Occorre un metodo di lavoro per le popolazioni che ci vivono – spiega l’ex sindaco di Ollolai –, per riprendersi quella naturalità che garantirebbe lo sfruttamento di tutto il territorio regionale, boschi ed i territori marginali compresi, produzioni di qualità e quantità adeguate alla popolazione residente e quella dei turisti che amano la nostra terra. E che la ameranno ancora di più quando potrà darsi una identità ‘cosmopolita’ come quella della naturalità”.

La programmazione comunitaria va nella stessa direzione indicata dall’associazione: energia pulita, ritorno alla produzione delle materie prime, turismo sostenibile. “Una conversione da attuare lentamente – precisa Arbau –, con una piano di attuazione mirato, che porterebbe la Regione a un lento abbandono delle pratiche di produzione intensiva, soprattutto quelle agricole. Ne gioverebbe la Sardegna tutta, all’interno di un quadro europeo che già prevede premialità ai territori che si convertiranno all’economia verde”.

Sardegna indipendente nell’approvvigionamento entro il 2030

La conversione di tutta la Sardegna alle colture ed allevamenti biologici sarebbe un primato tutto europeo. Il modello è quello del Sikkim, il primo stato in India ad essere certificato 100% biologico. Questo record green è avvenuto nel 2016 con la conversione degli ultimi 75.000 ettari di terreni agricoli prima coltivati con metodi convenzionali. Da allora gli agricoltori guadagnano il 20% in più rispetto a prima.

Al convegno-assemblea “Sardegna al naturale, isola verde e biologica” nell’orto botanico di Ollolai sono intervenuti Arbau, il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba, il presidente di Legacoop Claudio Atzori, il professore dell’Università di Sassari Pietro Pulina e il presidente di Confcooperative Nuoro Ogliastra Michele Ruiu.

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ultimo aggiornamento: 03-06-2022


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