Lo slacktivism – o attivismo da poltrona – si può evitare, grazie a una educazione digitale, basata su informazione e consapevolezza.
L’era digitale ha trasformato l’attivismo, sfruttando i social network per espandere il proprio raggio d’azione. Questo nuovo ambito di attivismo online, ampiamente adottato da giovani e adulti, ha demolito confini geografici e politici per favorire cause ambientali e sociali. È – tuttavia – importante distinguere l’effettivo impegno dall’attivismo superficiale, noto come slacktivism. Gli esperti sottolineano che i social dovrebbero integrare e non sostituire le forme tradizionali di attivismo, diffondendo meglio messaggi di un certo spessore. Ma come si può evitare di cadere nel tranello dell’attivismo da poltrona e sostenere, invece, una corretta educazione digitale?
Digitalizzazione dell’attivismo: cambiare il mondo con un clic
La rivoluzione tecnologica ha ridefinito l’apprendimento, la comunicazione e la sensibilizzazione, come ben sanno i nativi digitali. L’educazione digitale, che abbraccia un’ampia gamma di competenze importanti per navigare nel mondo tecnologico odierno, influisce direttamente sull’attivismo virtuale. Questo ultimo si avvale di strumenti digitali, incoraggia la collaborazione tra utenti e promuove un’analisi critica delle informazioni online.
Dagli anni ’90, con l’uso di forum e blog, all’avvento dei social network, l’attivismo digitale ha acquisito una dimensione globale. Piattaforme come Change.org testimoniano l’evoluzione continua di questa forma di impegno, la quale offre numerosi vantaggi: partecipazione inclusiva da qualsiasi luogo; aggiornamenti in tempo reale; coinvolgimento crescente dei giovani.
Movimenti come Black Lives Matter e #MeToo hanno mostrato il potere dei social nel far conoscere speciiche cause contro il razzismo sistemico e la violenza di genere, che sono diventati, poi, fenomeni virali, suscitando un ampio dibattito pubblico.
L’educazione digitale contro l’attivismo superficiale
Recentemente, campagne come All Eyes on Rafah hanno riacceso il dibattito sull’importanza e sull’efficacia dell’attivismo social. Nonostante l’enorme diffusione sui social media, resta la questione dell’autenticità del nostro impegno.
Lo slacktivism, termine che fonde pigrizia e attivismo, è spesso ridotto a gesti simbolici privi di un reale impatto.
Uno studio del McMaster Undergraduate Journal of Social Psychology ha rivelato che molti giovani aderiscono a queste forme di attivismo leggero, spinti dal desiderio di approvazione sociale e dalla paura dell’esclusione.
Oltre il “mi piace”: rendere l’impegno effettivo
Una solida educazione digitale è fondamentale per un attivismo social consapevole e responsabile.
Informarsi – in modo approfondito – su temi di interesse attraverso articoli e video permette di comprendere meglio le problematiche e le possibili soluzioni.
L’impegno deve estendersi oltre il virtuale: contattare rappresentanti politici, partecipare a gruppi di attivisti e manifestazioni rappresentano, infatti, azioni concrete che superano il semplice click.
Come afferma l’attivista Alexa Chukwumah: “Il nostro attivismo non dovrebbe mai iniziare e finire su Internet“, frase che evidenzia l’importanza di un coinvolgimento attivo e continuativo, anche al di là del digitale.
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ultimo aggiornamento: 25-07-2024