Dopo l’allarme di bar, supermercati e ristoranti che hanno minacciato di non accettare più i buoni pasto, si è mosso il MEF: in arrivo un tetto alle commissioni.

Tre milioni di lavoratori e lavoratrici del settore pubblico utilizzano quotidianamente i buoni pasto. Un giro d’affari che vale 3,2 miliardi di euro. Lo strumento dei ticket è oggi a rischio perché le commissioni a carico degli esercenti sono troppo elevate e arrivano fino al 20%. Una vera e propria “tassa occulta“, come l’hanno definita le imprese della distribuzione commerciale e della ristorazione che chiedono una profonda revisione del sistema delle gare d’appalto della Consip, la centrale unica di acquisto.

Buoni pasto, sciopero scongiurato

Ristoranti, bar e supermercati sono da settimane in rivolta e minacciano di non accettare più i buoni pasto se non verrà modificata la normativa per sganciare le commissioni pagate dagli esercenti dalle gare al ribasso realizzate dalle amministrazioni pubbliche. Le sei associazioni di categoria – ANCD Conad, ANCC Coop, FIEPeT Confesercenti, Federdistribuzione, FIDA e Fipe Confcommercio – stimano che tolti gli oneri di gestione e finanziari, gli esercizi perdono il 30% su ogni 10.000 euro di ticket incassati, ovvero 3.000 euro. Come se non bastasse il deprezzamento, il rimborso spesso e volentieri avviene con mesi di ritardo.

L’allarme è arrivato alla vigilia della pubblicazione della gara BP10. In occasione delle gare precedenti, BP8 del 2018 e BP9 del 2020, la Consip non avrebbe agito nell’ottica dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ma secondo il sistema dell’aggiudicazione a chi offre il prezzo più basso. Questa metodologia di spending review, per le principali sigle del settore, scarica il risparmio sui pubblici esercizi e sulla distribuzione commerciale.

Un buono pasto
I food ticket sono salvi: ecco cosa prevede la riforma

La lettera aperta inviata al governo da ANCD Conad, ANCC Coop, FIEPeT Confesercenti, Federdistribuzione, FIDA e Fipe Confcommercio chiede una riforma strutturale del sistema. I punti fondamentali sono la salvaguardia del valore nominale dei titoli (“Un buono da 8 euro deve valere 8 euro anche per l’esercente”, è la richiesta ufficiale delle associazioni) e la definizione di tempi certi di rimborso da parte delle società emettitrici.

Queste richieste sono state accolte dal viceministro dell’Economia, Laura Castelli. Il MEF ha annunciato la riforma dei buoni pasto entro la fine del 2022. La disciplina transitoria svincolerà l’entità della commissione dallo sconto praticato alla pubblica amministrazione. La nuova normativa promette inoltre di inserire un tetto del 5% sulle commissioni e di porre le basi per realizzare una modifica sostanziale del settore dei servizi sostitutivi delle mense.

Cosa prevede la riforma dei buoni pasto

Nel primo provvedimento utile – ha assicurato Castelli – inseriremo una norma che ristabilisce equità, ed evita le storture di un settore che, di fatto, penalizzavano solo gli esercenti. In un momento di particolare crisi del settore, dovuto anche agli effetti negativi della pandemia e della guerra in Ucraina, assicuriamo un sostegno concreto con minori commissioni, a carico degli esercenti, che si possono stimare in quasi 150 milioni di euro, per le sole gare di prossima emanazione. Risorse che rimarranno quindi agli esercenti”.

Il passo in avanti che registriamo oggi sulla questione dei buoni pasto – dichiarano soddisfatte le sigle coinvolteè estremamente positivo e apre la strada a una soluzione che auspichiamo ponga fine al più presto ad una situazione ormai insostenibile per le nostre aziende, che pagano commissioni eccessive a fronte di un prezioso servizio erogato ogni giorno a milioni di lavoratori”.

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ultimo aggiornamento: 11-07-2022


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