All’interno della legge sulla parità salariale, il governo Draghi ha inserito un bonus per quelle imprese che riducono, fino ad azzerare, la disparità tra uomini e donne.
La strada per ridurre, fino ad azzerare, la disparità salariale tra donne e uomini è ancora lunga. Per favorire un cambiamento culturale e colmare il gender gap nel lavoro, il governo ha approvato una legge sul cosiddetto equal pay. All’interno di questo quadro, rientra la certificazione della parità di genere: un’opportunità fornita alle aziende per affrontare le problematiche relative ai livelli retributivi tra uomini e donne.
Certificazione parità di genere: come funziona
Le imprese che si saranno munite di questo certificato per contrastare il gender pay gap potranno ottenere un incentivo. Il ddl, diventato legge grazie all’approvazione in Senato delle forze di governo che sostengono l’esecutivo di Mario Draghi, prevede un certificato che accompagna le aziende “nella riduzione dei divari in tutte le aree più critiche per la crescita professionale delle donne”.
L’obiettivo è “rafforzare la trasparenza salariale” attraverso uno sgravio contributivo. Il bonus è pari all’1% “dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di 50mila euro annui”.
La certificazione della parità di genere verrà istituita a partire dal 1° gennaio 2022. L’attestazione permetterà alle imprese virtuose di ottenere questo riconoscimento che combatte la disparità e ribaltare le logiche in atto.
Lo scopo è quello di allargare a tanti nuovi settori una forza lavoro qualificata e potenzialmente molto produttiva come quella femminile. Il decreto integra la disciplina sulla discriminazione diretta e indiretta nelle aziende e lo fa introducendo la ratio degli atti di “natura organizzativa od oraria”.
Sono considerati discriminatori atti che “in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive”, mettono la lavoratrice “in posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri”.
Certificazione parità di genere: le possibili sanzioni
La certificazione è legata al rapporto biennale che le imprese pubbliche e private con più di 50 dipendenti sono tenute a redigere. Nel rapporto si dovrà indicare la situazione aziendale in termini di parità salariale tra uomini e donne.
Gli indicatori riguarderanno:
- Salari
- Inquadramenti
- Congedi
- Reclutamento
I dati saranno consultabili da lavoratori, sindacati e ispettori del lavoro. L’elenco delle aziende che trasmetteranno il rapporto e di quelle che non lo trasmetteranno sarà infatti pubblico. Chi non rispetta la trasmissione dei dati rischia sanzioni fino a 5.000 euro.
“Con il via libera definitivo – fanno sapere le deputate del Pd Chiara Gribaudo e Valeria Fedeli – il nostro Paese compie un passo di fondamentale importanza verso il completo superamento delle disuguaglianze di genere, l’aumento dell’occupazione femminile, l’assunzione del principio di condivisione delle opportunità e delle responsabilità sul lavoro e in famiglia”.
“Non è comune che nel passaggio da una Camera all’altra l’approvazione di un disegno di legge impieghi meno di 15 giorni – aggiungono le due relatrici –. E il fatto che ciò sia accaduto proprio con questo provvedimento dimostra l’urgenza e la concretezza che l’attuale Parlamento ha voluto riconoscere all’incrocio tra i due assi fondamentali per l’uscita dalla crisi pandemica e per la crescita del Paese: lavoro e parità di genere”.
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ultimo aggiornamento: 05-11-2021