Il nuovo studio sul Covid misura la reattività dei linfociti T della memoria in persone non vaccinate guarite e in asintomatici vaccinati.

La ricerca, che vede come primi firmatari Arianna Gatti e Gaetano Zizzo dell’Asst Ovest Milanese è stata pubblicata sulla rivista Plos One. Lo studio ha misurato la reattività dei linfociti T della memoria in persone non vaccinate guarite da un’infezione documentata fino a due anni prima e in asintomatici completamente vaccinati. Grazie ad anticorpi e cellule T della memoria il sistema immunitario riesce a difendere i guariti.

Lo studio sul Covid

Per misurare la reattività dei linfociti T della memoria in convalescenti tardivi, ovvero persone non vaccinate guarite da un’infezione documentata fino a due anni prima, e in asintomatici completamente vaccinati, sono state utilizzate tecniche sofisticate che valutano l’immunità cellulare. Si tratta dei test Quantiferon (Qfn) e Activation Induced Marker (Aim). Per la ricerca sono stati presi in esame 22 convalescenti tardivi e 13 vaccinati da almeno 4 mesi. Dall’indagine è dunque emerso come i non vaccinati e i vaccinati abbiano la stessa risposta immunitaria.

Nel dettaglio lo studio evidenzia che “i soggetti immunocompetenti con pregressa infezione da Sars-CoV-2 sviluppano e mantengono nel medio-lungo termine risposte di memoria immunitaria cellulare e umorale”. Inoltre, sempre nello studio, si spiega che i tassi di reattività delle cellule T e di positività anticorpale “non differiscono significativamente da quelli osservati nei vaccinati”. Tutto ciò conferma e amplia evidenze recenti in base alle quali le risposte delle cellule T sono “altrettanto elevate a seguito di infezione o vaccinazione”.

Fiala di vaccino
Fiala di vaccino Covid

Il parere dei ricercatori

La vita post pandemia è ormai quasi del tutto tornata alla normalità. Ma dopo l’emergenza Covid continuano gli studi che cercano di fare luce su alcuni aspetti ancora sconosciuti o poco chiari. E proprio il nuovo studio apre le porte ad importanti risultati. L’internista Antonino Mazzone, a capo del Dipartimento di Area medica dell’Asst Ovest Milanese e firmatario dello studio, ha spiegato che i risultati di questa ricerca confermano ciò che loro hanno sostenuto spesso. Ovvero che bisognava aspettare a vaccinare chi aveva già avuto l’infezione.

Riproduzione riservata © 2024 - LEO

ultimo aggiornamento: 10-06-2023


Direttiva europea sulla qualità dell’aria, cosa prevede e perché non piace alle regioni del Nord

Test sugli animali: pochi cambiamenti nonostante la stretta dell’Ue