Cresce la richiesta di bioplastiche, alternativa alla plastica tradizionale. Ecco i vantaggi e gli svantaggi.

La plastica è parte integrante della nostra quotidianità. Polistirolo, PVC, Teflon. Tutti gli oggetti intorno a noi sono composti da tali materiali, dalle posate monouso agli schermi dei nostri smartphone, passando per l’abbigliamento sportivo antitraspirante. Pertanto, è incrementata la richiesta di biolplastiche. Ecco quali vantaggi e svantaggi hanno per l’ambiente.

Che cosa sono le bioplastiche

La plastica tradizionale, che troviamo in tanti prodotti immessi sul mercato di massa, è realizzata con prodotti derivati ​​da risorse minerarie (gas, carbone e petrolio), pertanto hanno un forte impatto ambientale. La plastica convenzionale rappresenta il 4-8% dell’uso annuale delle risorse petrolifere.

Bicchieri in bioplastica compostabile
Bicchieri in bioplastica compostabile

Per ridurre l’impronta ecologica di queste plastiche, le bioplastiche si stanno sviluppando in modo massiccio, guidate dal PLA (o acido polilattico).

A prima vista hanno solo aspetti positivi, anche in virtù del percorso avviato dalla transizione ecologica: provengono da risorse naturali e rinnovabili, le loro proprietà possono eguagliare quelle dei polimeri a base di petrolio e alcune possono essere riciclate o compostate. La loro produzione è, quindi, di interesse per i produttori di materie plastiche ma anche per aziende del settore petrolifero.

Tuttavia, è opportuno essere cauti di fronte alle virtù annunciate di questi cosiddetti materiali ecologici. In termini di disponibilità di risorse oltre che in termini di riciclo, le bioplastiche presentano ancora grossi ostacoli che è bene tenere a mente.

Gli svantaggi dell’alternativa legati all’incremento della domanda

Le bioplastiche sono ancora ai margini della produzione globale, poiché rappresentano circa l’1% della massa totale di plastica prodotta. Di questa produzione, il PLA, sviluppato a partire dal 1950, rappresenta poco più del 10% e il bio-PET rappresenta più di un quarto (26%).

Esse, inoltre, rappresentano un’opportunità da utilizzare per i sottoprodotti agricoli, in particolare per l’agricoltura intensiva. Se la domanda, in tal senso, lievita esponenzialmente, potrebbero verificarsi dei grossi inconvenienti.

L’Atlante mondiale della zuppa di plastica specifica che la produzione di una tonnellata di PLA richiede 2,39 tonnellate di mais, 0,37 ettari di terra e 2.921 m³ di acqua. Ciò significa un uso massiccio di seminativi, un notevole fabbisogno idrico e l’uso di OGM per la produzione su larga scala di cereali o zuccheri.

Anche se il fabbisogno energetico della bioplastica è inferiore rispetto a quello della plastica a base di petrolio, questi dati impongono una necessaria riflessione nei confronti della produzione su larga scala.

Biobased non è biodegradabile

Alle bioplastiche viene spesso attribuito il vantaggio di essere degradabili. Essendo prodotti da zuccheri, amido, cellulosa o anche glutine, sembra ovvio che siano proprio in grado di essere distrutti dai microrganismi per formare CO2 , acqua e biomassa e creare così un circolo virtuoso. Tuttavia, tra le bioplastiche prodotte oggi, meno della metà (44%) sono veramente biodegradabili per la loro natura chimica.

Secondo gli esperti, più che realizzare bioplastiche, bisognerebbe fare in modo di ridurre drasticamente l’uso di questo materiale, evitando di trovare delle alternative meno dannose, ma comunque impattanti sull’ambiente.

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ultimo aggiornamento: 30-11-2022


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