Le Nazioni Unite e la Green Game Jam hanno unito le forze per creare videogiochi in grado di favorire la transizione ecologica.
Il 15 Febbraio 2024 si è tenuta la quinta edizione della Green Game Jam (GGJ), un’importante iniziativa annuale che unisce le forze dell’industria dei videogiochi e delle Nazioni Unite per favorire la creazione di ambienti virtuali incentrati sulla sostenibilità ambientale. Questa collaborazione ha avuto, come scopo principale, quello di promuovere la transizione ecologica attraverso il coinvolgimento ludico nei confronti degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) stabiliti dalle Nazioni Unite.
Green Gam Jam e Nazioni Unite insieme per creare videogiochi per la transizione ecologica
L’edizione inaugurale del 2019 si concentrò sull’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile n°14, dedicato alla preservazione della vita sottomarina.
Giochi come Legacy-Echoes from the Future e Wasted Sea hanno dimostrato l’impatto positivo che i videogiochi possono avere nell’educare e sensibilizzare il pubblico riguardo le sfide affrontate dalle specie marine in pericolo. Ogni anno, la GGJ si focalizza su un diverso OSS e, nel 2024, si è messo in luce l’Obiettivo n°15, incentrato sulla tutela della vita terrestre.
Nel contesto della pandemia globale, l’industria dei videogiochi ha non solo mantenuto la sua robustezza economica, ma ha anche superato altri settori culturali in termini di redditività.
Un articolo del Washington Post di Noah Smith del 12 maggio 2020, infatti, sottolinea come aziende quali Microsoft, Nintendo, Twitch e Activision abbiano registrato una crescita notevole nonostante le sfide economiche globali. Questo incremento ha portato a un interesse crescente verso la ‘gamification‘, ovvero l’uso di dinamiche ludiche in ambiti – di solito – non legati al gioco, come l’istruzione e la sanità.
Green capitalism e messaggi ambientali
Conscia del potenziale dei videogiochi di influenzare positivamente i comportamenti e promuovere l’innovazione sociale, le Nazioni Unite hanno abbracciato questa piattaforma per veicolare importanti messaggi ambientali. La partnership tra l’ONU e l’industria dei videogiochi è nata dalla convinzione che i mondi virtuali offrano un terreno fertile per esplorare e implementare soluzioni sostenibili.
Tuttavia, il dibattito sul green capitalism, soprattutto in relazione alla strategia dei crediti di carbonio, rimane acceso.
Articoli critici, come quello pubblicato su The Guardian da Patrick Greenfield e Fiona Harvey, mettono in luce le controversie e le sfide associate all’adozione di crediti di carbonio come mezzo per finanziare la transizione ecologica.
Nonostante le buone intenzioni, sono emerse preoccupazioni riguardo la possibilità che i crediti di carbonio possano diventare una “licenza per inquinare“, piuttosto che uno strumento effettivo per attuare una riduzione delle emissioni.
Lo studio dell’Università di Cambridge
Nel contesto dei videogiochi e della sostenibilità, uno studio dell’Università di Cambridge ha rivelato come i crediti di carbonio possano, paradossalmente, contribuire alla deforestazione che intendono prevenire.
Ciò rafforza l’importanza di mettere in atto approcci critici e basati sull’evidenza nella valutazione delle strategie ambientali.
In risposta a queste sfide, l’industria dei videogiochi ha collaborato con le Nazioni Unite per sviluppare contenuti che affrontino direttamente l’Obiettivo n°15 degli OSS, incentrato sulla lotta alla deforestazione e alla desertificazione, nonché sulla protezione dei territori indigeni.
Un esempio è il videogioco “Hwkwumluhwuthun“, sviluppato in collaborazione con le comunità Salish, che permette ai giocatori di esplorare luoghi culturalmente rilevanti e di riconnettersi alle tradizioni indigene, contribuendo – al contempo – alla conservazione della memoria collettiva attraverso il digitale.
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ultimo aggiornamento: 16-03-2024